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Attività

  • Laura Grosso ha inviato un aggiornamento 1 anno, 5 mesi fa

    Tracce d’amore – Laura Grosso
    di Adriana De Angelis

    Amore: dall’ “Omia vincit amor” all’ “Amor che move il sole e l’altre stelle” di Dante nonché a “L’unica cosa importante quando ce ne andremo, saranno le tracce d’amore che avremo lasciato” di Albert Schweitzer, l’Amore, sin dall’inizio del mondo e nella sua più ampia accezione, ha attraversato i secoli e continuerà ad attraversarli fino alla fine del tempo. Intorno a quel perno imprescindibile che è l’Amore, gli esseri umani, e gli artisti in particolare, costruiscono, a volte senza nemmeno rendersene conto, le loro vite e le loro opere. Amore, croce e delizia dell’essere umano.

    Parlando di amore, il pensiero non può che andare alla coppia, all’uomo e alla donna e al loro rapporto che già nella Bibbia occupa un posto centrale nel racconto delle origini. Il giardino dell’Eden e la creazione tutta, infatti, altro non sono che la cornice dell’incontro tra il maschile e il femminile.

    Il poetico Marc Chagall, in tarda età, realizzò, a Nizza, un museo da lui interamente progettato, concepito come un itinerario tra le scene della Bibbia. Al centro e al culmine di questo percorso pose una stanzetta circolare. Il visitatore che vi entra rimane come stordito davanti ai quattro piccoli quadri, di colore rosso e arancione, lì esposti che mostrano un Adamo incoronato che fugge a cavallo con la sua sposa, Eva, sui tetti di Parigi, in un orizzonte di poesia e di sogno nel quale si trovano i simboli del Cantico dei Cantici, uno dei poemi d’amore tra i più belli al mondo. Ma è quanto scritto, a mano, sul muro, che dà il significato al tutto: “A Vava, la mia donna, la mia vita, la mia allegria”, una dedica del pittore alla moglie che indica che il centro della vita, della creazione stessa, sta proprio nell’incontro tra un uomo e una donna.

    Anni prima di Chagal, anche Edvard Munch si era occupato del rapporto uomo/donna in un ciclo di pitture che esprimeva la sua visione amara e dolorosa della vita, fatta di nevrosi, solitudine, alti e bassi che non gli permisero di raggiungere quella stabilità mentale ed emotiva che la sua condizione economica e sociale gli avrebbe permesso e che turbarono in modo inequivocabile il suo rapporto con la donna. La danza della vita, insieme all’Urlo, è una delle più significative pitture di questo ciclo. In essa si ritrova la metafora medievale dell’esistenza come danza quale rappresentazione sia della dimensione universale della vita e dei rapporti sia della coscienza del ciclo biologico dell’essere umano, imprescindibilmente e perennemente immerso nel paesaggio a dimostrazione che il destino dei viventi è direttamente legato al ritmo superiore della Natura, scandito da nascita, vita, morte. I colori bianco, rosso e nero degli abiti indossati dalla donna rappresentata sono interpretazione di questa innegabile realtà. La gioiosa danza iniziale svela, infatti, per Munch, un retroscena macabro: la donna che, vestita di bianco, è sognata e idealizzata e, vestita di rosso, è desiderata si trasforma, poi, in un Vampiro vestito di nero che, baciando, toglie la vita. Siamo alla visione della donna come femme fatale, tipica dei primi anni del ‘900 e fatta propria anche da Klimt nella sua Giuditta che ben interpreta un argomento molto dibattuto a Vienna all’inizio del XX secolo, ovvero il rapporto tra i sessi.

    Tra le visioni estreme di Chagal e di Munch, due uomini, si pone l’opera di Laura Grosso che, da artista e da donna figlia del nostro tempo, sentendosi direttamente chiamata in causa, dà la sua personale visione al femminile del ciclo vitale e del rapporto uomo/donna. E lo fa immergendo i protagonisti in un nuovo e più sereno giardino dell’Eden rappresentato dagli spazi verdi romani di Villa Adriana, Parco delle Valli, Villa Nemorense, Villa Ada e Villa Borghese che fanno da sfondo ideale allo svolgimento lento ed equilibrato del suo racconto pittorico. Evocando le feste galanti del ‘700, il Paradiso terrestre e la Coppia primordiale, l’artista auspica. una redenzione, un rinnovamento che portino al ritorno di quella luminosa innocenza originaria a cui in tanti aneliamo e di cui i rapporti avvertono sempre più il bisogno. Costruire un terreno comune, fatto di un linguaggio e di una cultura condivisi, nel rispetto delle reciproche differenze, come indicato da Luce Irigaray, una filosofa che Laura Grosso particolarmente ama, potrebbe essere la base su cui costruire, con amore vero, i rapporti riportando il mondo a quell’Eden perduto di cui si avverte tanto il bisogno.

    English version

    Love: from “Omia vincit amor” to “Amor che move il sole e l’altre stelle” by Dante as well as “The only important thing when we leave, will be the traces of love that we will have left” by Albert Schweitzer, Love, since the beginning of the world and in its broadest sense, has crossed the centuries and will continue to cross them until the end of time. Around that essential pivot which is Love, human beings, and artists in particular, build their lives and their works, sometimes without even realizing it. Love, cross and delight of the human being.

    Speaking of love, the thought can only go to the couple, the man and the woman and their relationship that already occupies a central place in the Bible in the story of origins. The Garden of Eden and all of creation, in fact, are nothing more than the frame of the encounter between the masculine and the feminine.

    Late in his life, the poetic Marc Chagall created a museum entirely designed by himself in Nice, conceived as an itinerary through the scenes of the Bible. At the center and at the top of this path he placed a small circular room. The visitor who enters remains as if stunned in front of the four small paintings, red and orange, displayed there which show a crowned Adam fleeing on horseback with his bride, Eve, over the roofs of Paris, in a horizon of poetry and dream in which we can find the symbols of the Song of Songs, one of the most beautiful love poems in the world. But it is what is written by hand on the wall that gives meaning to everything: “A Vava, my woman, my life, my joy”, a dedication by the painter to his wife which indicates that the center of life, of creation itself lies precisely in the encounter between a man and a woman.

    Years before Chagal, Edvard Munch had also dealt with the man/woman relationship in a cycle of paintings that expressed his bitter and painful vision of life, made up of neurosis, loneliness, ups and downs that did not allow him to achieve that mental and emotional stability that his economic and social condition would have allowed him and that unequivocally disturbed his relationship with the woman. The dance of life, together with the Scream, is one of the most significant paintings of this cycle. In it we find the medieval metaphor of existence as a dance as a representation of both the universal dimension of life and relationships and the awareness of the biological cycle of the human being, unavoidably and perpetually immersed in the landscape, demonstrating that the fate of the living is directly linked to the superior rhythm of Nature, marked by birth, life, death. The white, red and black colors of the clothes worn by the woman represented are an interpretation of this undeniable reality. The joyful initial dance reveals, in fact, for Munch, a macabre background: the woman who, dressed in white, is dreamed of and idealized and, dressed in red, is desired, then transforms into a Vampire dressed in black who, kissing, takes away life. We are at the vision of the woman as a femme fatale, typical of the early 1900s and also adopted by Klimt in his Judith who well interprets a highly debated topic in Vienna at the beginning of the 20th century, namely the relationship between the sexes.

    Between the extreme visions of Chagal and Munch, two men, stands the work of Laura Grosso who, as an artist and a woman who is a daughter of our time, feeling directly called into question, gives her personal feminine vision of the life cycle and of the man/woman relationship. And she does so by immersing the protagonists in a new and more serene Garden of Eden represented by the Roman green spaces of Villa Adriana, Parco delle Valli, Villa Nemorense, Villa Ada and Villa Borghese which form the ideal backdrop to the slow and balanced development of her pictorial story. Evoking the gallant feasts of the 18th century, the earthly Paradise and the primordial couple, the artist hopes. a redemption, a renewal that will lead to the return of that luminous original innocence for which so many yearn and for which relationships increasingly feel the need. Building common ground, made up of a shared language and culture, with respect for reciprocal differences, as indicated by Luce Irigaray, a philosopher who Laura Grosso particularly loves, could be the basis on which to build, with true love, relationships bringing the world to that lost Eden so badly needed. Mostra meno
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